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Archeologia

Epoca Preistorica

Da diversi anni il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell’Università di Siena anche assieme ad altre Università sta realizzando ricerche nel territorio del Parco Regionale della Maremma per valutare in quest’area  l’effettiva presenza dell’uomo in epoca preistorica. I dati fino ad oggi noti rapportati ai risultati delle prime ricerche svolte nel Parco inducono a pensare che il patrimonio preistorico sia stato conosciuto solo in minima parte e che il Parco si possa prefigurare come area campione per l’approfondimento di molte delle tematiche relative alla ricostruzione della storia più antica del territorio maremmano nel suo complesso.

Tre sono i siti su cui si sono concentrate le ricerche: la Buca di Spaccasasso, il Sasso delle Donne e Scoglietto.

Nel primo le ricerche hanno messo in evidenza diversi passaggi del ciclo di estrazione del cinabro  e dai risultati ottenuti sembra che Spaccasasso conservi le uniche evidenze minerarie preistoriche relative all’estrazione di questo minerale al momento note in Italia ed in Europa.

Nel sito del Sasso delle Donne, che si trova nel versante interno delle propaggini settentrionali dei Monti dell’Uccellina, la presenza dell’uomo e di attività legate alla lavorazione della pietra è forse da mettere in relazione con la particolare materia prima silicea presente, dunque anche questo ritrovamento si configura di particolarissima rilevanza.

Anche nell’area di Scoglietto le indagini tuttora in corso sono volte alla ricerca di eventuali evidenze archeologiche di epoca preistorica dal Paleolitico all’Età dei metalli. In quest’area i reperti rintracciati già indicano la presenza di una pratica funeraria riconducibile all’età del rame.

Epoca Romana

L’area di Alberese è da tempo guardata con attenzione particolare, perché conserva contesti archeologici di grande importanza e suggestione, felicemente inseriti in un ambiente naturale che poco si discosta da quello antico, ancora leggibile nel rapporto fra la costa marittima, il fiume e la campagna, allora come ora attraversata da una importante arteria stradale, che collega strategicamente il territorio, in primo luogo con Roma. In particolare negli ultimi anni si è svolta un’intensa ricerca archeologica che è stata particolarmente feconda  nell’individuazione di complessi architettonici- dall’area sacra di Scoglietto all’area artigianale/commerciale di Spolverino – e nel recupero di reperti.

La Maremma grossetana in età romana aveva il suo centro principale in Rusellae, insediamento di origine etrusca, poi divenuta colonia romana. La città controllava un vasto territorio compreso tra le Colline Metallifere, la costa, i Monti dell’Uccellina, il bacino dell’Ombrone ed il Monte Amiata. L’ampia laguna del Lago Prile, che nel corso dei secoli si trasformò gradualmente in palude, di cui resta traccia nella zona umida della Diaccia Botrona, occupava buona parte dell’odierna piana di Grosseto ed era sfruttata sia per le sue risorse idriche che come via di comunicazione.
Roselle godeva inoltre della presenza del fiume Ombrone, in antico parzialmente navigabile, della presenza di un’infrastruttura importante come la via Aurelia vetus e, infine, controllava i boschi dell’Amiata, come ci informa lo storico romano Livio (XXVIII, 45, 14). La città sorse, quindi, in un punto strategico per le comunicazioni tra l’entroterra e la costa tirrenica. In questo paesaggio un ruolo di rilievo assumono i siti scoperti recentemente ad Alberese, all’interno del territorio gestito dall’Ente Parco della Maremma, e costituiti da un santuario romano a Scoglietto dedicato a Diana Umbronensis e da un quartiere manifatturiero costruito sul fiume, nell’attuale località di Spolverino.

Il santuario sorse durante la fase di romanizzazione di questa zona, alla fine del III secolo a.C. e fu occupato sino alle soglie dell’età cristiana (IV secolo d.C.). Un’epigrafe in marmo, rinvenuta sul sito, testimonia la presenza di un culto all’antica divinità italica protettrice della caccia, dei boschi e dei fiumi. Agli inizi del II secolo a.C. alla dea era stato dedicato un piccolo sacello ed una nicchia votiva al suo interno raccoglieva le offerte dei fedeli. Agli inizi del I secolo d.C. il promontorio di Scoglietto conobbe una nuova pianificazione edilizia, con la realizzazione di un tempio e un’area collegiale, costituita da 7 ambienti, ed il conseguente abbandono del piccolo sacello.

L’intero complesso conobbe un periodo di crisi alla fine del II secolo d.C., quando fu abbandonata l’area collegiale e fu restaurato il tempio che, nel corso del IV d.C., in seguito all’editto di Tessalonica (380 d.C.), venne definitivamente obliterato. Sulle sue rovine si installò una capanna a testimonianza di una nuova forma di occupazione registrata sino alla fine del VI secolo d.C., momento in cui il sito di Scoglietto fu dimenticato.

A pochi Km da Scoglietto, sull’ultima ansa del fiume Ombrone, il quartiere di Spolverino costituisce un importante quartiere manifatturiero di età romana, specializzato in varie produzioni. La vicinanza al fiume permetteva alle merci trasportate via mare di giungere a Rusellae e la presenza della via Aurelia garantiva il traffico terrestre. La prima occupazione del sito risale agli inizi del I secolo d.C., ma è dalla fine del II secolo d.C., in risposta alla crisi che aveva colpito l’intero impero romano, che le piccole botteghe operanti su scala locale divennero grandi ateliers produttivi. L’officina del vetro fu implementata dalla costruzione di un impianto più grande composto da due fornaci circolari (1,40 m di diametro), un bancone di lavoro ed una grande fornace da tempra (4 m di diametro). Contemporaneamente a questa produzione si sviluppò quella della lavorazione dell’osso e dei metalli, in particolare del piombo, conferendo al sito l’aspetto di un impianto manifatturiero attivo e diversificato. 

Tutti gli ateliers erano serviti da una cucina collettiva, all’interno della quale si trovava una nicchia (larario) consacrata alle divinità protettrici del focolare domestico. Il complesso rimase in uso sino alla fine del V secolo: sulle sue rovine si installò una piccola necropoli, composta al momento da 4 inumati. A seguito delle piene del vicino fiume Ombrone, l’area fu convertita a scopi agricoli sin dal primo altomedioevo e non si registrano strutture posteriori alla metà del VI secolo d.C.

Dal 2013 sono in corso ricerche archeologiche presso un sito rinvenuto in località Prima Golena. Posto lungo l’antica linea di costa romana (circa 6 km da quella attuale), l’insediamento fu fondato in epoca repubblicana (III-II secolo a.C.) e continuò ad essere in uso sino almeno alla fine del V secolo d.C.

Presenta una pianta rettangolare con una serie di ambienti che si aprono attorno ad un probabile atrio. Completano l’edifico due spazi aperti dislocati sulla parte nordorientale del complesso in direzione della via Aurelia vetus. Il confronto con la Tabula Peuntingeriana e il calcolo delle miglia nautiche romane porterebbe ad identificare il sito con la Umbro Flumen Positio.

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